So, la mia vita è un libro
che nessuno leggerà
so, s’allineerà sugli scaffali
cogli altri libri non letti
no – è inutile tu dica –
so, anche “la Divina,,
l’hanno letta mille persone
Sai a che servono le parole
a noi malati d’eternità?
Sarebbe buffo che un raggio di sole
volesse splendere per sempre?
Si, lo so, domani
il figlio brucerà di sguardi
tutti i libri del tempo
e immorale è pensare al futuro
noi, costruttori di noi stessi
ma per la morte del cielo
perché non conto che per me
e quanto penso, soffro, amo
è una scintilla del pensiero
una lacrima della sofferenza,
un bacio dell’amore
perduti nel passato?
E perché odio il passato, questo mostro
che irriducibile ci ingoia,
perché mi fa pena il futuro, questo bambino
che non sa della morte azzurra?
Ma sì, amici, me ne andrò
a fischiare nei cimiteri
per svegliare la bella addormentata
(oh il mio fischietto azzurro
stridulo come un uccello
che vola nella tempesta…)
Si, amici, fischierò sulle tombe
mi siederò accanto alle croci
e con due dita sulle labbra
farò svegliare anche la morte
e se occorre, amici, se occorre,
suonerò il tamburo del tuono
scatenerò le campane delle nuvole,
darò fiato alle trombe del vento,
ubriacherò gli angeli del cielo,
farò saltare l’universo
(quello soltanto, amici,
non temete, che è dentro il dolore)
Autore: Gianni Toti
Data: febbraio 1948
Numero serie: 1948_0137
Temi: Morte; inquietudine; amarezza; determinazione
Emozioni trasferite nella scrittura: Inquietudine; amarezza; determinazione