“Vite di persone non comuni” di Enrico Galantini

Presso la Biblioteca Totiana dell’Associazione Gottifredo, Via E. Lisi n. 2 ad Alatri (FR), venerdì 19 luglio 2024, alle ore 18:00, verrà presentato il volume “Vite di uomini non comuni” (Edizioni Gottifredo, 2024) di Enrico Galantini. Dialogherà con l’autore: Igor Traboni. Letture di Sergio Mancinelli.

Scrive Tarcisio Tarquini: “È Tommaso il santo più importante, ce lo ricorda Enrico Galantini nel suo “Vite di persone non comuni”: quaranta microbiografie di altrettanti santi e sante (trentatre i primi, sette le seconde), illustrate da sette luminosi e statuari acquerelli di Mario Ritarossi, pubblicate in un volumetto di 160 pagine dalla Gottifredo edizioni, in cento copie numerate e firmate dall’Autore.

Tommaso, che non a caso è diventato santo nonostante la sua fede abbia vacillato un attimo (ma anche proprio per questo), è colui che mostra di non credere perché tutti possano credere, è l’antipatico che esercita la sua parte e, suscitando la riprovazione eterna di tutti, mette il dito nella piaga del Cristo risorto e tornato per salvare in eterno la fede di tutti.

Enrico è un po’ un san Tommaso anche lui che si immerge nelle vite dei santi a cui decide di dare la parola (forse a caso, spinto dalla curiosità propostagli dai suoi viaggi e dai suoi incontri, reali e letterari o immaginari) perché cerca di tirar fuori dal loro racconto di se stessi la prova, o la ricetta, della santità: quel “quid” riposto dentro trame di vita non comune che l’hanno germinata e poi alimentata perché servisse pure a noi che non ci crediamo, se non vediamo e non tocchiamo.

Si potrebbe dire che lo scopo di questo libro, scritto con la semplice eleganza che è stata anche la cifra rara e ammirabile dell’Enrico Galantini giornalista, sia di disegnare una sorta di fenomenologia della santità. Ognuno dei santi e delle sante interpellati traccia un pezzo del disegno, confermando che non ci sono epoche privilegiate per compiere questa missione (la sfumata dimensione cronologica delle biografie serve a suggerire, appunto, un universo “fenomenologico”, senza tempo).

Nei racconti non hanno gran peso nemmeno i miracoli (umanissimi sono quelli dell’eremita Adamo di Cantalupo che riattacca al mulo la zampa troncata da un colpo di roncola, inferto per punizione dallo stupido padrone carrettiere, e trasforma, dentro l’orcio, l’acqua in vino, perché “la gloria del Signore risplende anche nella gioia del vino”).

Conta di più l’esempio, che è più efficace se si mostra come tensione estrema della normalità. Per restare in tempi a noi ancora vicini: in Oscar Romero, ucciso sull’altare mentre alza il calice dell’Eucaristia, in Tito Brandsma finito con una iniezione sperimentale di acido fenico da una infermiera di Dachau alla quale egli dona, confondendola, un rosario “per riuscire a ritrovare la forza dell’amore, di quello di Dio per noi, di quello di noi per Dio e il suo creato”.

E dunque una regola, un insegnamento, un ammonimento, c’è in tutti questi santi raccontati da Enrico. Li dice uno di loro, Giovanni Theristi, monaco e abate: “Il buon dio m’ha voluto bene e anche io gliene ho voluto” , comincia tutto da qui. E da uno che ha voluto toccare con mano, evitando che ciascuno di noi dovesse farlo.”

(10 luglio, 2024)

Nelle IMMAGINI: Bibiana martire, acquerello di Mario Ritarossi; la locandina della presentazione, il 19 luglio alle 18 alla Biblioteca Totiana di Alatri.