Poi finirà, improvvisa, la scrittura
sottile, l’elegante
calligrafia del fortunale, e gli occhi
aguzzando, astigmatici, leggerai
dall’inchiostro simpatico emergenti
le parole nuovissime che il vento
ha tradotto per te, i comunicati
degli spazi trasmessi, da lontane
costellazioni – e sarai tu che allora
agiterai il nostro marinaio
chiamato arcobaleno, fuori
dalla finestra, per le dicerie
degli alberi e dei nidi,
consuete quando approdano vascelli
d’immagini e istruzioni di fantasia
a questi lidi gonfi di realtà,
Così sarà – mi sgretolano adesso
le cordiglierie del silenzio, e scivola
da un pendio nerazzurro una frana
di stellati – una voce si ruppe,
un cristallo bruciò, bianche muraglie
di vuoto spalancarono le braccia,
e i cieli si inclinarono tremando
sulle specchiere dello spazio, forse
si capovolse l’universo, tra
un’altra e un abisso e non c’è più
ora questa né quello, E così sia,
ché il cielo è tutto una diceria,
un pettegolezzo delle stelle.
Autore: Gianni Toti
Data: 11 settembre 1957
Numero serie: 1957_654
Evento scatenante: introspezione
Emozioni trasferite nella scrittura: impotenza; malinconia; amarezza
Temi: solitudine; universo; estenuazione